Quando il pensiero del cibo diventa fisso, crea una preoccupazione emotiva e rende l’alimentazione molto rigida e selettiva, allora si parla di “ORTORESSIA”.
Mangiare sano è una buona abitudine, ma questo a volte si può trasformare in un disturbo ossessivo-compulsivo che può portare alla depressione e alla denutrizione.
Se contare le calorie diventa la cosa più importante all’interno di un comportamento alimentare, si entra nella categoria di potenziali “Vittime” di questa patologia.
Tra le “fissazioni” più comuni, la pianificazione dei pasti si posiziona al primo posto.
In pratica, l’ortoressico dedica gran parte del suo tempo libero a cucinare per la settimana calcolando alla perfezione le dosi di pranzo e cena, senza sgarrare di un solo grammo perché vuole evitare i cibi ricchi di sale, zucchero o geneticamente modificati che potrebbe trovare nei bar o nelle mense aziendali.
Al secondo posto si posiziona il tempo trascorso al supermercato alla ricerca degli alimenti giudicati più adatti leggendo le etichette dei valori nutrizionali.
Al terzo posto, il pensiero ossessivo del cibo che porta a contare le calorie ingerite segnandole sui diari alimentari oppure sulle più comuni app.
La differenza rispetto all’anoressia.
In entrambi i disturbi c’è il pensiero ossessivo nei confronti del cibo, ma la molla che fa scattare il disturbo è diversa.
L’Ortoressia si differenzia dai disturbi alimentari come l’anoressia e la bulimia, perché l’obiettivo iniziale non è quello di dimagrire ma piuttosto di mantenere il proprio corpo puro e sano.
Paradossalmente, quindi, tutto parte dall’idea di stare bene, attraverso un’alimentazione sana e mirata, ma a volte questa sana intenzione può trasformarsi in un fanatismo alimentare che fonda le sue convinzioni in conoscenze spesso superficiali.
Come uscirne?
Il primo passo è rendersi conto di avere un problema.
Ma nella maggior parte dei casi, non si chiede aiuto perchè l’ortoressico non va dal medico per farsi curare perché semplicemente non si sente un malato, ma anzi si considera una persona sanissima.
La cosa più difficile è rendersi conto di avere un problema. Un compito che spetta anche alle persone che sono intorno. A quel punto bisogna avere il coraggio di chiedere un duplice aiuto.
Innanzitutto di tipo psicologico perché non esiste un disturbo alimentare che capiti così senza motivo, bisogna indagare sulle cause per poter risolvere il problema.
Indagare sui meccanismi emotivi che sono alla base del disturbo e sulle compulsioni che ne derivano.
Ma per curare questo disturbo serve anche un approccio nutrizionale per una riabilitazione alimentare. Chi si è abituato a mangiare in modo sano, non riesce a passare da un giorno all’altro ad un’alimentazione “normale” che includa anche i cibi ritenuti pericolosi.
Quindi, serve una guida dietologica indispensabile anche per verificare se ci sono deficit nutrizionali come, per esempio, carenze di vitamine e ferro.
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